Italian Council – Edizione 2 – Progetti e Autori

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GIORGIO ANDREOTTA CALÒ – Anastasis
Vetro di colore rosso soffiato a bocca e piombatura 156 x 387 cm
Fotografia analogica b/n e filtro inattinico rosso 50,5 x 61 cm

 

Ente promotore: Oude Kerk, Amsterdam
Partner: Triennale Milano
Promozione internazionale: “Giorgio Andreotta Calò. Anastasis (άνάστασις)”, Oude Kerk (Amsterdam, 25 maggio – 23 settembre 2018)
Sede definitiva dell’opera: Triennale Milano

 

L’intervento site-specific Anastasis, ispirato alle vicende storiche della chiesa Oude Kerk ed in particolare alla conversione dal culto cattolico a quello protestante avvenuta nel 1566, intende sviluppare a partire da essa una riflessione più ampia e universale sui processi di iconoclastia. Il progetto si articola in più elementi che ruotano attorno al ruolo della luce, indagata e impiegata secondo diverse prospettive. L’artista ne esplora il potenziale simbolico e l’impatto sensoriale nella creazione di immagini e immaginari, focalizzandosi, in particolare, sulle sue proprietà fisiche e sulla funzione della luce rossa nel processo di sviluppo fotografico analogico, dove viene impiegata per le sue proprietà inattiniche. L’installazione temporanea prevede la schermatura di tutte le finestre della chiesa con filtri rossi che, grazie alla luce naturale in entrata, trasformano lo spazio immergendo i visitatori in un’atmosfera rossa, densa e satura. La sola vetrata della Cappella del Santo Sepolcro (Heilig Graf) è stata sostituita con una appositamente realizzata a Tilburg secondo le antiche tecniche medievali della soffiatura a bocca e della piombatura. La fotografia scattata nella stessa cappella fa parte di un insieme di opere fotografiche a carattere sperimentale, indissolubilmente legate alla parte installativa in termini di forma e contenuto.

 

Giorgio Andreotta Calò (Venezia, 1979) vive e lavora tra Venezia e Amsterdam. Ha frequentato il corso di scultura presso l’Accademia di Belle Arti di Venezia e la Kunsthochschule di Berlino. Le sue opere sono spesso istallazioni su larga scala, che trasformano con interventi a volte minimi ambienti ed edifici attraverso l’uso calibrato di elementi primari dalla forte valenza simbolica, come l’acqua, il fuoco o la luce. Laddove venga invitato a percepire lo spazio e l’ambiente in termini nuovi e spesso stranianti, con le sue installazioni Calò arriva a creare situazioni in cui la partecipazione diretta del fruitore è centrale. Ha partecipato alla 54. e alla 57. Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia (2011, 2017) e alla 16. Quadriennale d’arte di Roma, Altri tempi, altri miti (2016), oltre che ad altre manifestazioni di rilevanza nazionale e internazionale.

 

Foto: Maarten Nauw, per gentile concessione di Oude Kerk e Giorgio Andreotta Calò

YURI ANCARANI – San Vittore
Video HD (loop)

 

Ente promotore: Castello di Rivoli – Museo d’Arte Contemporanea, Rivoli (TO)
Partner: Kunsthalle Basel, Basilea
Promozione internazionale: “Yuri Ancarani. Sculture”, Kunsthalle Basel (Basilea, 9 febbraio – 29 aprile 2018)
Sede definitiva dell’opera: Castello di Rivoli – Museo d’Arte Contemporanea, Rivoli (TO)

 

Il film San Vittore è un episodio della serie dedicata a Milano (Saints of Milan), che comprende anche San Siro (2014). Yuri Ancarani riprende il carcere di San Vittore dall’interno, focalizzandosi sulla sua particolare architettura e sui suoi dettagli, dando attenzione all’ala che ospita le donne detenute e al rapporto di queste ultime con i loro bambini. È proprio su di loro che si concentra in particolare lo sguardo dell’artista, sul modo in cui vivono il carcere e come lo percepiscono quando vanno a trovare i propri genitori, sulle perquisizioni e i controlli che devono subire. Come in altri suoi film, Ancarani ritrae i lati più oscuri dell’esistenza umana e del vivere quotidiano, indagando il rapporto tra lo spazio architettonico e i corpi che lo abitano, costruendo immagini anti-narrative e spesso mute, ma di grande eloquenza.

 

Yuri Ancarani (Ravenna, 1972) è videoartista e regista. Nei suoi film, indaga gli aspetti più insoliti e tragici del quotidiano, concentrandosi in particolare sulle strutture sociali e sui rituali collettivi delle società. Utilizzando gli strumenti del videoartista, del documentarista e dell’autore di videoclip, Ancarani riesce a creare immagini di grande potenza estetica e dalla forza straniante. Le sue opere sono state presentate in numerose mostre e musei nazionali e internazionali, tra cui la 55. Esposizione Internazionale d’Arte della Biennale di Venezia (2013), il MAXXI – Museo nazionale delle Arti del XXI secolo di Roma, il Solomon Guggenheim Museum (New York, USA), il Museum of Moving Image (New York, USA), la Prague Biennal 5 (Praga, Repubblica Ceca), la XIV Biennale Internazionale di Scultura (Carrara), il T.I.C.A. Tirana Institute of Contemporary Art (Tirana, Albania), La Friche Marseille (Francia), Kunsthalle Basel (Svizzera). Con il lungometraggio “The Challenge” ha vinto nel 2016 il Premo Speciale della Giuria al Festival di Locarno.

 

Foto: Still da video, per gentile concessione del Castello di Rivoli – Museo d’Arte Contemporanea e Yuri Ancarani

LEONE CONTINI – Il corno mancante
Video (32 min 07 sec)

 

Ente promotore: Viafarini, Milano
Partner: Akademie Schloss Solitude, Stoccarda
Promozione internazionale: “Engaging with Histories: An Everyday Life Practice. Concerts, Readings, Panels, Skype Lectures, and Artist Presentations”, Akademie Schloss Solitude (Stoccarda 22-23 marzo 2018)
Sede definitiva dell’opera: MUDEC – Museo delle Culture, Milano

 

L’azione performativa Il corno mancante di Leone Contini si è svolta, sotto forma di rito buddista, nel luglio 2018 al MUDEC – Museo delle Culture di Milano e sul Monte Stella, una collina artificiale chiamata dai milanesi “Montagnetta” e creata con i detriti prodotti dai bombardamenti di Milano del 1943, che distrussero, tra l’altro, le collezioni etnografiche del Castello Sforzesco. Alcune delle opere recuperate lì si trovano oggi proprio al MUDEC, mentre molti altri reperti restano tumulati nel monte. Tra le opere d’arte recuperate vi è la scultura del Distruttore della Morte (Yamāntaka) della Dinastia Qing, di cui alcune parti, tra cui il corno sinistro, non furono, però, ritrovate. La performance – e il video che la racconta – consiste nella ricerca del “corno mancante”, rimasto sepolto nelle macerie assieme ad altri oggetti perduti. L’impossibile ricerca di questi oggetti, nell’opera di Contini, equivale a una possibile ricostruzione non solo dell’opera frammentata, ma anche di una società plurale e unita, volta al superamento delle discriminazioni etnico-religiose e sociali, di cui i reperti sepolti rappresentano il simbolo culturale.

 

Leone Contini (Firenze, 1976) vive e lavora a Firenze. Ha studiato Filosofia e Antropologia Culturale, discipline che segnano in maniera significativa la sua ricerca. I suoi lavori si concentrano principalmente sull’attrito interculturale, sulle relazioni di conflitto e potere, sul dislocamento, sulla migrazione e sulla diaspora che indaga attraverso letture, performance, interventi collettivi nello spazio pubblico, narrazioni testuali e audiovisive, blogging e auto-pubblicazione. Contini ha esposto in contesti nazionali e internazionali, tra i quali la 16. Quadriennale di Roma (2016), la mostra Ottomans and Europeans a Istanbul (2016) e la Seconda Triennale di Tbilisi, in Georgia (2015).

 

Foto: Still da video, per gentile concessione di Viafarini e Leone Contini

FLAVIO FAVELLI – Serie Imperiale
Dittico costituito da due dipinti murali a smalto, strappati e montati su tela 220 x 200 cm per ciascuna tela

 

Ente promotore: Associazione culturale Nosadella.due, Bologna
Partner: Fondazione Rocca di Bentivoglio, Bazzano, Valsamoggia (BO)
Promozione internazionale: “Flavio Favelli. Serie Imperiale”, Istituto Italiano di Cultura di Bruxelles (Bruxelles, 22 ottobre – 24 novembre 2019)
Sede definitiva dell’opera: Fondazione Rocca di Bentivoglio, Bazzano, Valsamoggia (BO)
L’opera è in comodato d’uso al MAMbo – Museo d’Arte Moderna di Bologna

 

L’opera Serie Imperiale ha per soggetto due francobolli della Serie Imperiale prodotta durante il Fascismo, ma nell’edizione sovrastampata ed emessa nel 1944 dalla Repubblica Sociale Italiana, e dopo l’8 settembre 1943, con il timbro dell’occupazione tedesca, a Zara, entrambe provenienti dalla collezione personale di Flavio Favelli. Il progetto è stato svolto in tre fasi: durante la prima, la pittura, sono stati realizzati due dipinti murali site-specific, uno alla Casa del Popolo e uno in un ex supermercato Coop, a Bazzano; in un successivo intervento è avvenuto lo strappo dei due dipinti murali e il loro trasferimento su tela; in una terza fase si è provveduto all’otturazione, ovvero al ripristino del “buco” lasciato dallo strappo. A completare il lavoro la documentazione fotografica in VR che rende virtualmente l’esperienza dell’installazione e dei siti che l’hanno ospitata, accompagnando l’opera-dittico su tela in tutte le sue future esposizioni. Lo scopo centrale dell’opera è quello di far emergere le relazioni esistenti e inestricabili tra passato e presente, tra storia personale e storia collettiva, portando la situazione attuale italiana a fare i conti con un passato drammatico non troppo lontano. In tale prospettiva, lo spazio dell’opera diventa il luogo metaforico in cui la memoria può sopravvivere grazie alla possibilità, offerta dall’arte, di poterla rimaneggiare e riattivare.

 

Flavio Favelli (Firenze, 1967) si è laureato in Storia Orientale presso l’Università di Bologna e successivamente ha preso parte al Link Project (1995-2001). Nel 1995 ha partecipato alla residenza TAM – Trattamento Artistico dei Metalli a Pietrarubbia e al Corso Superiore Arti Visive della Fondazione Ratti con Allan Kaprow nel 1997. Il suo lavoro si caratterizza per l’attenzione che rivolge alla sua storia intima e familiare, ma in una prospettiva universale. Si tratta di una indagine in cui i piani fisico e mentale si sovrappongono e le sue istallazioni colpiscono l’immaginario collettivo quotidiano e del recente passato, quasi in ottica proustiana: vecchi oggetti d’arredamento o di uso comune appartenenti alla sua famiglia (come a quella di quasi tutti) permettono l’emergere di emozioni latenti e rivelano gli aspetti nascosti della realtà quotidiana e dell’esistenza. Favelli ha partecipato alla XIII Biennale di Scultura a Carrara (2008), alla 15. Quadriennale di Roma (2008), alla mostra Italics a Palazzo Grassi a Venezia (2008) e al Museum of Contemporary Art di Chicago (2009). Ha progettato e realizzato due installazioni bar funzionanti al MAMbo e al MARCA di Catanzaro. Le sue opere sono presenti in numerose collezioni nazionali e internazionali.

 

Foto: Dario Lasagni, per gentile concessione di Nosadella.due, Fondazione Rocca dei Bentivoglio e Flavio Favelli

LARA FAVARETTO – Indagare il sottosuolo. Atlante delle storie omesse
Time Capsule – Capsula del tempo contenente 11 carotaggi di 5 metri ciascuno nel sottosuolo di Pompei; una lastra in pietra lavica locale; 11 placche in ottone incise

 

Ente promotore: Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, Torino | Fondazione Donnaregina per le Arti Contemporanee – MADRE, Napoli
Promozione internazionale: “Indagare il sottosuolo. Atlante delle Storie omesse”, Manifesta12 – Collateral Events, Palazzo Branciforte (Palermo, 16 – 24 giugno 2018)
Sede definitiva dell’opera: Parco Archeologico di Pompei

 

Il progetto Indagare il sottosuolo. Atlante delle storie omesse di Lara Favaretto consiste in una serie di interventi di carotaggio sul territorio di Pompei. Esso è una porzione di un progetto di più ampio respiro destinato alla creazione di un “atlante dell’umanità”, costituito da un archivio di campioni di terreno estratti in diverse zone del pianeta, con lo scopo di realizzare una mappatura dei luoghi che custodiscono resti di storie laterali, dimenticate, boicottate, impresse e sedimentate nel sottosuolo, che in questo modo possono essere riportati alla luce e trasmessi alle generazioni future. I carotaggi eseguiti a Pompei sono archiviati in uno speciale contenitore in ferro che si configura come una Time Capsule – Capsula del Tempo. Ogni foro praticato nel terreno è stato sigillato con una placca in metallo con le informazioni del carotaggio. Il luogo dell’interramento della Time Capsule, sul Vesuvio, è contrassegnato da una pietra lavica recante la data della sepoltura e del futuro dissotterramento, che avverrà dopo cento anni, mentre le sue coordinate sono state inviate all’International Time Capsule Society (ITCS) ad Atlanta.

 

Lara Favaretto (Treviso, 1973) vive e lavora a Torino. Ha frequentato l’Accademia di Belle Arti di Brera e successivamente la Kingston University di Londra. La sua ricerca sperimenta le tecniche e i linguaggi più vari, dal disegno alla fotografia, dalla scultura al video, dall’istallazione alla performance. Tra le altre mostre personali si segnalano: The poor are mad (Castello di Rivoli, 2005), Cominciò ch’era finita (Galerie Klosterfelde a Berlino, 2006), Just Knocked Out (MOMA PS1, New York, 2012), Good Luck (MAXXI – Museo nazionale delle Arti del XXI secolo di Roma, 2015), Absolutely Nothing (Nottingham Contemporary, 2017). Nel 2004 ha vinto il premio per la Giovane arte italiana alla 51. Biennale di Venezia, con il video La terra è troppo grande.

 

Foto: Jackie Nickerson, per gentile concessione della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo, del MADRE e di Lara Favaretto

LUCA TREVISANI – Dream Republic
224 – Video 2K (loop)
Dream Republic – 20 stampe fotografiche digitali 21 x 14 cm

 

Ente promotore: Fondazione per l’Arte Onlus, Roma
Partner: Museo Civico di Castelbuono (PA)
Promozione internazionale: “Raymond”, Manifesta12 – Collateral Events, Grand Hotel et des Palmes (Palermo, 11 maggio – 15 novembre 2018)
Sede definitiva dell’opera: Museo Civico di Castelbuono (PA)

 

Dream Republic / La repubblica dei sogni si compone di 20 ritratti fotografici e un video multicanale realizzati al Grand Hotel et des Palmes di Palermo. I ritratti raffigurano gli artisti invitati alla mostra Raymond (curata da Luca Trevisani in collaborazione con Olaf Nicolai), membri di una comunità temporanea, filmati e fotografati mentre dormono nella stanza 224 dell’albergo, la stessa in cui Raymond Roussel fu trovato senza vita il 14 luglio 1933. Il progetto è un omaggio complesso e sfaccettato alla figura dello scrittore francese, che si completa con la pubblicazione Via Roma 398 (edita da Humboldt Books). Si tratta di un lavoro corale, impostato – per volontà dello stesso Trevisani – come condivisione di un percorso all’interno di un universo transitorio e circoscritto, costituito dal Grand Hotel et des Palmes. Gli artisti coinvolti sono stati invitati a soggiornare nell’hotel e a lasciare tracce del loro passaggio nei vari ambienti, sia comuni che privati. Lo stesso Trevisani, con Dream Republic, ha lasciato la sua traccia, sebbene in maniera complementare all’attività svolta dagli artisti invitati: i ritratti fotografici costituiscono un “diario notturno” della stanza 224 abitata, di volta in volta, da diversi soggetti sui cui corpi dormienti si posa lo sguardo accidentale delle macchine fotografiche azionate da un meccanismo automatico, casuale e imprevedibile, che scatta senza preavviso.

 

Luca Trevisani (Verona, 1979) si è laureato in Storia dell’Arte presso il DAMS – Discipline delle Arti, della Musica e dello Spettacolo di Bologna nel 2003. La sua ricerca spazia fra scultura e video, attraversando discipline di confine come le arti performative, quelle grafiche, il design, il cinema di ricerca e l’architettura. Nel suo lavoro, le caratteristiche storiche della scultura sono continuamente messe in discussione se non addirittura sovvertite, in un laboratorio dinamico che esplora l’indeterminatezza del mondo materiale e l’esperienza di ognuno delle cose. Le sue opere sono state esposte in musei e centri d’arte internazionali tra cui il MAXXI – Museo nazionale delle Arti del XXI secolo di Roma, il Museum of Contemporary Art Tokyo, la Kunsthalle Wien, il Kunstverein Braunschweig, lo ZKM Karlsruhe e ha partecipato a importanti esposizioni internazionali come la Biennale di Sydney e Manifesta 7. Trevisani ha ricevuto vari premi, tra cui il Premio Furla per l’Arte nel 2007, il Premio New York nel 2010, il Premio Ettore Fico nel 2011 e il Premio Moroso nel 2013.

 

Foto: Luca Trevisani, per gentile concessione dell’artista

ANNA FRANCESCHINI – Cartaburro
Cartaburro (Polaroids) – Video (3 min e 32 sec) e struttura in ferro
Cartaburro (Devalle) – Video (32 sec in loop) e struttura in ferro
Cartaburro (Arabesco) – Video (3 min 45 sec) e struttura in ferro

 

Ente promotore: Associazione culturale Almanac Inn, Torino
Partner: Fondo Carlo Mollino, Politecnico di Torino | Istituto Italiano di Cultura, Bruxelles | Almanac Projects, Londra
Promozione internazionale: “Anna Franceschini, CARTABURRO”, Almanac Projects (Londra, 26 Gennaio – 26 Febbraio 2019), “Anna Franceschini, CARTABURRO”, Istituto Italiano di Cultura di Bruxelles (Bruxelles, 15 Marzo – 15 Aprile 2019)
Sede definitiva dell’opera: GAMeC – Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea di Bergamo

 

I lavori che costituiscono Cartaburro esplorano, attraverso la ricerca cinematografica dell’artista, l’ampio ed eclettico corpus artistico e teorico dell’architetto, designer, fotografo e artista italiano Carlo Mollino (Torino, 1905-1973), facendo emergere le relazioni che si sviluppano nella sua opera e nei suoi interessi, come, ad esempio, negli studi di discesa sciistica. Il progetto di Anna Franceschini si compone di tre video ispirati alle dinamiche formali dell’opera dell’architetto torinese (nutrita di linee fluenti e organiche, spesso antropomorfe e allusive ai corpi femminili) e sviluppati in un’installazione complessa che include strutture architettoniche ispirate al design di Mollino (come il tavolo Arabesco), immagini in movimento e oggetti – abiti e elementi d’arredo, per lo più – che vengono attivati e messi in scena nei video. Il risultato è un’esplorazione su più canali comunicativi delle implicazioni emozionali ed erotiche dello sguardo sul corpo femminile, sia di Mollino stesso (in particolare quello che traspare nei celebri ritratti di donne in polaroid), sia di come esso si sia sviluppato nella storia del cinema.

 

Anna Franceschini (1979, Pavia) vive e lavora a Milano e ad Amsterdam. Nel 2006 ha conseguito un Master in Televisione, Cinema e Produzione Multimediale presso l’università IULM di Milano e, successivamente, una borsa di ricerca post-laurea in Storia e Critica del Cinema Italiano. I suoi video e film sono stati selezionati in numerosi festival cinematografici tra cui il 60° Film Festival di Locarno, il TFF/Torino Film Festival, The Eleventh Hour, Futura – Praga, il Videoreport Italia 2008-09, GC.AC. di Monfalcone e The Flying Carpets, Villa Medici – Roma. Nel 2011 ha ottenuto la menzione speciale del premio Ariane de Rothschild di Milano, e nel 2012 ha vinto il Premio Fondazione Casoli – Fabriano e il Premio New York. Il suo lavoro è parte di importanti collezioni museali e private, come la collezione del Museo National d’art Moderne/ Centre Georges Pompidou di Parigi, la Dommering Collection di Amsterdam e la Nicoletta Fiorucci Collection di Roma.

 

Foto: Andrea Rossetti e still da video, per gentile concessione di Almanac Inn e Anna Franceschini

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Ultimo aggiornamento in data 20 Febbraio 2025